Martedi 11 febbraio 2020 , NDJEBE Fanny, una nostra alunna di quarta elementare , é stata investita e uccisa sulla strada di ritorno a casa, verso le ore 14,30.
Insieme ad altri due fratelli e una sorella, ogni giorno percorreva una distanza di oltre dieci chilometri per venire a scuola. Il fratellino più piccolo, di prima elementare che trotterellava accanto a lei, era stato preso, qualche chilometro prima, da un ciclista compassionevole e depositato a casa, a Bouar. Fanny era sola; nella pausa delle ore 12, aveva mangiato qualcosa in compagnia del papà, infermiere nel nostro ospedale, e degli altri tre fratelli, due dei quali restano a scuola fino alle ore 15. Papà le aveva dato 2000 franchi per acquistare il necessario per preparare da mangiare per tutti, la sera; essendo Fanny responsabile, matura più della sua età, era in grado di farlo, sostituiva in certo qual modo la mamma, spesso ammalata e in riposo presso i famigliari.
Lungo la strada, dove il corpo di Fanny é stato ritrovato esanime, ancora si può vedere la borsa di plastica contenente della manioca sparsa a terra. E’ stato uno dei nostri insegnanti, rientrato un’ora dopo rispetto agli altri, a ritrovarla morta, abbandonata sul ciglio della strada. La sua attenzione era stata attirata dai colori vivaci della divisa della scuola che Fanny indossava. Sconvolto, ha dapprima avvertito la polizia ed é poi accorso da noi per avvertirci. Suor Giulia si é subito recata sul posto accompagnata dal papà e da un altro infermiere. Non ha potuto che constatare il decesso della giovane vittima. Il trovarla adagiata cosi, quasi dormiente, sul bordo della strada suscita due ipotesi: la prima che Fanny, colpita a morte abbia avuto l’istinto di stendersi a lato della strada, seconda ipotesi, che il corpo sia stato rimosso dal centro della strada, dove per altro vi erano tracce di sangue, e poi adagiato da parte. La vettura rossa che l’ha colpita mortalmente era guidata da un certo Ndale, un uomo senza scrupoli, capo delle forze ribelli della zona, che conduceva in stato di ubriachezza e senza patente. E’ risaputo, d’altro canto, che quando compare la sua vettura sulla strada, é prudente mettersi al riparo. Ci chiediamo se mai giustizia sarà fatta di questa morte che ha stroncato la vita di questa bambina innocente. Qui la giustizia é frenata e messa a tacere dalla paura del più forte.
Il giorno dopo, tutta la scuola era in lutto. Mi sono dunque recata insieme ad alcune ragazze conoscenti della famiglia, a casa di Fanny. La scena era straziante: adagiata sul letto in camera sua, aveva intorno la mamma e i fratelli, le zie, i parenti in lacrime e tra grida strazianti, come si usa qui. Il papà sedeva fuori, impietrito dal dolore.
Ho atteso un po’, poi ho invitato alla preghiera e successivamente cercato di far capire la nostra condivisione del loro grande dolore invitando a credere che Fanny continua a vivere nella luce di Dio, Padre che ci ha creato e che tutti richiama a Sé per una vita senza fine, nella sua luce.
Fuori, nel grande cortile, moltissima gente era venuta a testimoniare della propria solidarietà, sostando lì, in silenzio, nella preghiera. Anch’io sono rimasta in mezzo a loro, tenendomi accanto le due sorelline di Fanny che hanno, infine, smesso di singhiozzare.
Verso le 11 del mattino, tutti i bambini, suoi compagni, oltre 300, dopo aver percorso a piedi i 10 chilometri che separano Bouar dalla nostra scuola, sono arrivati in silenzio, accompagnati dagli insegnanti. Tutti i commenti sono cessati: in grande ordine, in fila per due, silenziosi, i nostri scolaretti, in divisa hanno sfilato davanti casa e si sono poi seduti qua e là intorno alla fossa già scavata in un angolo del cortile. E’ stato davvero commovente. Due ore dopo, la bara é stata calata in quella fossa. Come suo ultimo vestito, Fanny portava la divisa della sua scuola. Morta sulla strada tante volte percorsa per venire in classe, Fanny ha pagato con la vita la sua voglia di imparare.